In breve
Il referendum, nell’ordinamento italiano, è uno strumento previsto dalla Costituzione.
Di norma, il referendum è di tipo abrogativo, ovvero al corpo elettorale viene chiesto se si voglia abrogare, cioè abolire, o meno una legge ordinaria o una parte di essa.
È previsto che la votazione abbia effetto solo se il referendum raggiunge il quorum: la maggioranza degli aventi diritto deve recarsi a votare altrimenti il referendum abrogativo non ha validità.
In pratica la decisione è quella voluta dalla maggioranza dei voti espressi validamente.
Non tutte le materie possono essere oggetto di referendum abrogativo: l’art. 75 della Costituzione esclude “le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”.
La Costituzione medesima, salve le forme di cui all’art. 138, non può essere sottoposta a referendum abrogativo.
Il referendum svoltosi il 17 aprile 2016 sulla regolamentazione dell’estrazione di idrocarburi in mare, il così detto referendum delle trivelle, era un referendum abrogativo.
Il referendum costituzionale, previsto dall’art. 138 della Costituzione, è invece di tipo consultivo, ovvero si chiede egli elettori di confermare o meno una legge di revisione della Costituzione o altra Legge Costituzionale.
Il referendum costituzionale viene indetto se entro tre mesi dalla pubblicazione della legge costituzionale, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Il referendum costituzionale, a differenza di quello abrogativo, non richiede il raggiungimento del quorum.
Se la legge di revisione Costituzionale è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti non si dà invece luogo a referendum costituzionale.
Il referendum del 26 marzo 2020 sul taglio dei parlamentari è un referendum costituzionale.