In breve
L’indagato è la persona sottoposta a indagine da parte del Pubblico Ministero in relazione a uno o più reati.
Formalmente una persona risulta indagata dal momento in cui viene iscritta nel registro delle notizie di reato (art. 335 del codice di procedura penale) anche detto registro degli indagati.
Se le indagini consentono di raccogliere prove congrue contro l’indagato, il pubblico ministero richiede per esso il rinvio a giudizio e l’indagato diventa formalmente imputato. Ossia: la pubblica accusa ha raccolto prove sufficienti contro l’indagato che viene dunque accusato del reato (o dei reati) e per esso processato.
L’indagine è necessaria, formalmente e sostanzialmente, anche per stabilire l’eventuale estraneità ai fatti di una o più persone coinvolte nella medesima: il pubblico ministero “indaga” ossia iscrive nel registro molte persone anche ai fini di tutelare il diritto di ciascuno alla difesa. L’iscrizione nel registro degli indagati non implica necessariamente una successiva condanna, anzi.
Un indagato potrà “uscire” dal procedimento anche prima che si apra il processo vero e proprio, ad esempio attraverso una richiesta di archiviazione fatta dal PM al giudice in quanto la persona risulta incolpevole o non punibile.
Il condannato è colui che è stato ritenuto dal giudice colpevole di un reato (o soccombente in una causa civile che preveda un risarcimento danni).
Il processo ha, quindi, consentito di stabilire la responsabilità dell’imputato in relazione ai reati contestati.
Si parla di condannato in via definitiva quando sono stati esperiti tutti i gradi di giudizio (primo grado, appello e cassazione) oppure siano scaduti i termini per presentare ricorso.
Il condannato è l’ultimo passaggio dell’iter legislativo che si snoda a partire proprio dall’indagato che può essere o archiviato o diventare imputato. A seguire l’imputato può diventare condannato oppure assolto.