Dark Light

In breve

I due solstizi, solstizio d’estate e solstizio d’inverno, distano tra loro circa 6 mesi e indicano il giorno in cui sia l’emisfero nord che quello sud della Terra ricevono rispettivamente il minimo e il massimo irraggiamento solare nel corso dell’anno; infatti nel primo caso si hanno il maggior numero d’ore di luce rispetto a quelle di buio e nel secondo caso viceversa. Invece gli equinozi sono i momenti dell’anno che indicano che la durata del dì e della notte sono uguali in tutti i punti del pianete, per cui vi sono 12 ore di luce e 12 di buio.
Un equinozio fotografato in Spagna.

La parola equinozio deriva dal termine latino “equi-noctis“, che significa “notte uguale“, cioè la notte è esattamente uguale al .

Gli equinozi sono 2 e si verificano in due precisi momenti dell’anno in cui il Sole risulta trovarsi esattamente all’intersezione tra l’eclittica e l’equatore celeste, che significa che il Sole si trova perpendicolare all’equatore terrestre e una linea immaginaria che va dal polo nord al polo sud divide esattamente a metà la Terra, definendone la parte illuminata e quella in ombra.

L’eclittica è il percorso apparente che il Sole compie in un anno rispetto allo sfondo della sfera celeste; mentre l’equatore celeste è la proiezione immaginaria sulla volta celeste dell’equatore terrestre, che ha forma di un semicerchio.

Gli equinozi segnano l’inizio della primavera e dell’autunno, infatti nell’emisfero settentrionale essi cadono esattamente il 21 marzo, dando origine all’equinozio di primavera, mentre il 23 settembre si ha l’equinozio d’autunno; invece nell’emisfero meridionale, essi risultano invertiti. Dunque durante gli equinozi si ha parità di ore di luce e di buio, per cui notte e dì hanno la stessa durata, cioè 12 ore ciascuno.

In tutti gli altri giorni dell’anno il percorso giornaliero del Sole è parallelo all’equatore celeste.

In particolare, in primavera ed estate si ha un percorso maggiore dell’equatore celeste, quindi il dì prevale sulla notte, mentre in autunno e inverno accade esattamente il contrario. Quando i calendari erano basati sugli eventi astronomici, la conoscenza di tali eventi (gli equinozi, i solstizi, l’avvicendarsi delle fasi lunari, ecc.) risultava fondamentale per la pianificazione delle semine e delle raccolte e questo fu un motivo fondamentale per l’accurata osservazione e studio del cielo fin dalla più remota antichità.

Un solstizio fotografato in Italia.

Il solstizio è il momento in cui il Sole, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, raggiunge il punto di declinazione massima o minima. Il solstizio è dovuto al’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’eclittica e alla differente altezza del Sole sull’orizzonte.

Dall’Italia, per esempio, a giugno il Sole raggiunge l’altezza di 67° a mezzogiorno, mentre a dicembre scende fino a soli 21° dall’orizzonte.

Questo è il riflesso della “declinazione” del Sole, cioè dalla sua distanza dall’Equatore Celeste che è un arco immaginario fisso in cielo. Il Sole raggiunge un massimo di 23,5° di declinazione (a nord dell’Equatore Celeste a giugno e a sud a dicembre) per poi tornare indietro.

Durante i solstizi, quindi, il Sole arresta il suo moto in declinazione e gli antichi chiamarono per questo quei due giorni “Solis statio” cioè “fermata del Sole”.

Dunque nell’emisfero nord, il solstizio d’estate si verifica il 21 giugno e corrisponde al giorno più lungo dell’anno, con più ore di luce rispetto a quelle di buio,  in cui il Sole culmina allo zenith e si trova così nel punto più alto della volta celeste; mentre 6 mesi più tardi, il 22 dicembre, si il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno con più ore di buio, nel quale il Sole raggiunge il punto più meridionale o settentrionale della sua corsa apparente nel cielo, al tropico del Capricorno o al tropico del Cancro.

Talvolta si può verificare che il solstizio ritardi di circa sei ore ogni anno (esattamente 5 ore, 48 minuti e 46 secondi), salvo subire un nuovo riposizionamento indietro ogni quattro anni, in conseguenza sono stati introdotti gli anni bisestili, per evitare un progressivo disallineamento delle stagioni con il calendario.

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